Il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 “Cura Italia” agli art. 23 e 24 disciplina le modalità di fruizione dei permessi parentali e dei distacchi per legge 104/92, nei mesi di marzo e aprile, avendo a riferimento quanto sta avvenendo in conseguenza dell’emergenza COVID-19.
In particolare l’art. 24 del decreto legge, al comma 1, per quanto concerne i permessi ex art. 33 legge 104/92 ne estende la possibilità di fruizione agli aventi diritto di ulteriori 12 giorni, potendoli in effetti cumulare con le tre giornate mensile già garantite; al successivo comma 2, per il personale sanitario il beneficio può essere garantito compatibilmente con le esigenze di servizio.
Il giorno 24 marzo Confindustria e le confederazioni sindacali comparativamente più rappresentative, ovvero CGIL, CISL e UIL, hanno sottoscritto il Protocollo per la prevenzione e la sicurezza dei lavoratori della Sanità e dei Servizi Socio-Sanitari, che costituisce un addendum al Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2 già operativo dal 14 marzo 2020.
Con il DPCM 22 marzo, che all’art.1 comma 3 recita come le “imprese le cui attività non sono sospese rispettano i contenuti del protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus COVID-19 sottoscritto fra il Governo e le parti sociali”, tale Protocollo è diventato cogente per tutta Italia.
Di fatto va dunque ricompreso anche l’addendum che al comma 2 riconduce ai servizi sanitari non solo chi opera nei servizi e nelle strutture sanitarie ma tutto il personale che opera nei servizi socio-sanitari, socio-assistenziali sia pubblici che privati che vengono quindi “cumulativamente indicati come sanitari”, riconoscendone di fatto una equivalenza relativamente alle problematiche di gestione.
Analogicamente va, dunque, data la stessa interpretazione ai contenuti del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 , dovendosi estendere anche al settore ed agli operatori del socio-sanitario le previsioni ivi contenute.
A rafforzare ulteriormente quanto fin qui esposto vi è la dichiarazione congiunta sottoscritta da Uneba e le federazioni di categoria CGIL, CISL e UIL, che ribadisce come il socio-sanitario, nell’ambito dell’emergenza COVID-19 che stiamo vivendo, debba ritenersi meritevole delle stesse tutele legislative che sono state manifestate per il settore sanitario.
Pertanto, al personale socio-sanitario operante nei nostri servizi, i nuovi permessi ex art. 33 legge 104 potranno essere concessi solo compatibilmente con le esigenze di servizio, dovendosi in questo momento privilegiare la continuità delle cure e dell’assistenza in un momento così drammatico non solo per il paese ma anche per i servizi di pubblica utilità che stiamo offrendo.
Si ricorda, inoltre, come l’art. 25 del D.L. 18 del 17 marzo 2020 introduce delle specifiche previsioni per il personale sanitario e socio-sanitario con la possibilità di richiedere un bonus baby sitting pari a euro 1.000 legato all’assistenza ed alla sorveglianza dei figli minori che sarà erogato dall’Inps tramite il “libretto famiglia” (ecco chi può chiedere il bonus baby sitter e come – indicazioni Inps) in alternativa alla fruizione di un congedo continuativo o frazionato di durata non superiore a 15 giorni.
E’ proprio l’art. 25, estendendo il bonus baby sitting di cui sopra agli operatori socio-sanitari, che li assimila e li considera destinatari del sostegno al pari delle figure sanitarie.
La fruizione dell’eventuale congedo, proprio in ragione della particolarità dei servizi forniti, andrà concordata con i relativi datori di lavoro in modo da garantire la continuità dei servizi.
1 Comment
Leggendo il Decreto nonchè le circolari dell’INPS si evince che i 12 giorni per i permessi Legge 104 posdono essere concessi dall’Azienda compatibilmente alle esigenze di servizio, mentre non è così per i congedi parentali covid-19 della durata di 15 giorni, richiesti dal genitore il cui figlio/a ha un’età fino a 12 anni, la domanda viene acquisita dall’azienda, successivamente confermata con invio telematico sul sito dell’INPS ma non risulta che essa debba essere concessa dall’azienda compatibilmente all’esigenza del servizio. Come mai il titolo dell’articolo propone un’interpretazione di UNEBA che pare disvostarsi da quella che è la norma ? Sicuramente il lavoratore/trice se presenta domanda di congedo parentale è per comprovata difficoltà di tipo familiare legata al fatto che il figlio/a/i non stanno andando a scuola.