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Se Stato e Regioni non intervengono, futuro a rischio per le strutture sociosanitarie residenziali


Intervenire in maniera puntuale, ma anche complessiva ed importante, sui servizi residenziali, sia intervenendo nelle norme di decretazione di urgenza di questo periodo sia prevedendo anche un significativo ed adeguato spazio per le tematiche sociosanitarie, nell’ambito delle politiche sanitarie che, ci pare di aver compreso, costituiranno questo come uno degli assi prioritari di intervento da finanziare con il Recovery Fund o con altri interventi europei”: questa è la richiesta che si legge nella lettera congiunta di Anffas, Agespi, Anaste, Ansdipp, Aris, Uneba – inviata all’attenzione del Parlamento, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Salute, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, delle Regioni e della Conferenza Unificata ed ANCI – che accompagna un dettagliato documento (vedi link sotto) in cui vengono evidenziate le attuali numerose criticità che stanno vivendo le strutture residenziali per persone con disabilità e persone anziane non autosufficienti.

Queste le criticità, in sintesi:

  • Meno utenti nelle strutture, e quindi meno entrate
  • Più spese per i DPI
  • Stop alle attività esterne e alle visite dei famigliari: per compensare gli enti hanno dovuto aumentare le attività educative
  • Stop al volontariato (anziché equiparare volontari e lavoratori)
  • Aumento del “rischio specifico” e delle responsabilità verso Inail
  • Rimodulazione degli spazi delle strutture
  • Maggiore sanificazione e diversa gestione del rischio biologico
  • Poco supporto pubblico nella gestione di casi Covid o sospetti

Alla base del documento (di Uneba e delle altre associazioni) vi sono “I fondati timori che la continuità di tali servizi sia assolutamente a rischio, con l’alta evenienza che, da qui a pochi mesi, in assenza di interventi di sistema, possa sorgere un problema sociale ancor più grave inerente il venir meno, per centinaia di migliaia di persone con disabilità ed anziane, del solo servizio che oggi costituisce il loro unico punto di riferimento, di protezione e di assistenza e garantisce la prosecuzione della loro vita con adeguati livelli di dignità e di attenzione”

Obiettivo del documento è quindi porre in evidenza le criticità gestionali ed organizzative delle strutture residenziali a carattere sanitario, socio-sanitario e socioassistenziale, ad oggi purtroppo investite da profonda crisi economica derivante dall’emergenza COVID-19, con conseguenti gravi ricadute sulla qualità e continuità dei servizi resi in favore di persone con grave e gravissima disabilità e anziani non autosufficienti, nonché sul connesso mantenimento degli attuali livelli occupazionali.

“Una situazione prolungata” si legge “che continua ad erodere livelli economici, e conseguentemente la presenza di operatori, andando ad incidere sulla qualità dell’assistenza e, fatto ancor più grave, sulla qualità di vita delle persone beneficiarie”.
Infatti, evidenziano le associazioni: “… durante l’emergenza COVID-19 molti dei servizi residenziali a supporto delle persone con maggiori fragilità (persone con disabilità, grave e gravissima, e anziani non autosufficienti) sono stati messi a dura prova sia perché per loro natura erano e sono strutturati in gruppi sia perché sono mancati raccordi con gli Enti Pubblici deputati a supportare la salute dei cittadini, lasciando le strutture gestionali dei tali servizi ad affrontare il tutto in maniera assolutamente isolata… Questo sacrificio, però, oggi rischia di risultare inutile, se non si comprende che ancora per mesi (se non di più) le strutture residenziali continueranno a vivere situazioni che richiedono da un lato un adeguato investimento, nella cura delle persone assistite, degli standard di assistenza e di cura cui si accompagna un investimento significativo in interventi volti a prevenire il diffondersi, al loro interno, del COVID-19 e dall’altro lato non vedono riconosciuto tale sforzo”.
Decisa è quindi la richiesta che arriva alle istituzioni: “Occorre intervenire con una forte cabina regia di livello centrale che garantisca l’intervento specifico per ciascuna delle criticità sopra dette sia in termini organizzativi e di supporto, ma anche in termini economici, partendo come detto dalla decretazione d’urgenza del periodo e dal Recovery Fund, evitando quindi che tutti gli sforzi sviluppati naufraghino per l’incapacità di traghettare le varie strutture oltre la fine della fase dell’emergenza”.

Si ricorda, inoltre, che già in agosto Anffas, Uneba, Anteas, Uildm e CDO avevano realizzato una sintesi di tutte le vicende giuridiche succedutesi nel periodo dell’emergenza sanitaria al fine di verificare le criticità e le soluzioni interpretative utili a risolvere in maniera omogenea e sistematica le varie casistiche lungo tutto il territorio nazionale, definendo quindi il documento “Inquadramento normativo sul regime economico da applicarsi agli enti gestori da parte delle pubbliche amministrazioni per il periodo di sospensione dei servizi durante la fase 1. Criticità interpretative sulle modalità di liquidazione delle somme da ricevere. richiesta di intervento a livello centrale con applicazione omogenea delle soluzioni presentate” poi sottoposto all’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e della Conferenza Unificata, sempre con l’obiettivo di arrivare ad una unica cabina regia di livello centrale e garantire in maniera omogenea su tutti i territori quanto nel documento enucleato e cercando così di evitare la “torre di babele” purtroppo verificatasi.

Ne parlano

Superando

Sir

Il Fatto Quotidiano

Comune di Torino

Redattore Sociale

Assieme alle altre associazioni, ci rivolgiamo con forza a Governo e Regioni.
Perché se case di riposo ed altre…

Pubblicato da Uneba su Domenica 11 ottobre 2020

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